“Una volta a Napoli, nel quartiere Sanità, quando uno era allegro perché qualcosa gli era andata bene, invece di pagare solo un caffè ne pagava due e lasciava il secondo caffè, quello già pagato, per il prossimo cliente. Il gesto si chiamava “caffè sospeso”. Poi, di tanto in tanto, si affacciava un povero per chiedere se c’era un “sospeso”. Era un modo come un altro per offrire un caffè all’Umanità”.
Queste le parole dello scrittore e filosofo Luciano De Crescenzo, napoletano d’eccellenza scomparso pochi giorni fa, nel suo libro “Il caffè sospeso”.
Quali sono le origini del caffè sospeso?
La sua storia è sconosciuta, non si sa bene in quale bar sia nato e quando, infatti se ne discute ancora oggi. Una cosa è certa: è nato a Napoli, probabilmente durante la Seconda Guerra Mondiale, uno dei periodi più difficili per il nostro Paese. Erano anni in cui solo poche persone potevano accedere a beni considerati di lusso, come il caffè. Chi aveva le possibilità pagava due tazzine di caffè, una per sé e una per chi arrivava dopo e non poteva permetterselo. Questo piccolo gesto di condivisione diventava un prezioso esempio di umanità: anche i più bisognosi potevano godere di un caldo e gustoso caffè.
Secondo un’altra ipotesi, tutto ebbe origine nel trambusto creato da gruppi di amici che si ritrovavano nei bar a fare colazione insieme e lasciavano sempre il resto al barista, per pagare il caffè agli avventori in difficoltà che sarebbero giunti durante la giornata.
Negli anni, questo gesto di solidarietà umana si è diffuso sempre di più fino a diventare una delle tradizioni più importanti della cultura partenopea. Questa usanza non si è fermata in Campania, ma è arrivata in tutto il mondo, in molti Paesi tra cui Spagna, Francia, Belgio, Russia e Argentina.
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